La domanda che molti genitori spesso si pongono è: cos'è un TUTOR DELL'APPRENDIMENTO? Di cosa si occupa e, soprattutto, quale differenza c'è tra un TUTOR e un semplice aiuto-compiti?
In questo breve articolo vi spiegherò quali sono le principali caratteristiche da ricercare in un Tutor, per essere sicuri di aver affiancato ai vostri figli una persona esperta e competente.
Un Tutor DSA è una persona specializzata nel campo dell'apprendimento e dei bisogni educativi speciali (ad esempio uno psicologo, un educatore ecc), che ha il compito di affiancare bambini e ragazzi (dalla scuola primaria alle scuole superiori di primo e secondo grado) nello sviluppo di un efficace metodo di studio.
Cosa differenzia un Tutor da un semplice aiuto-compiti? Il Tutor conosce i principali meccanismi NEUROPSICOLOGICI alla base dell'apprendimento scolastico (ad esempio la memoria, l'attenzione ed il linguaggio) e possiede le competenze e gli strumenti necessari per comprendere e valutare le difficoltà dello studente e per proporre strategie di studio individualizzate, adattate al singolo caso.
Facebook, whatsapp, instagram, tik tok ed altre centinaia di piattaforme virtuali da una decina di anni sono diventate il nostro nuovo stile di vita. Da quando il mondo ha iniziato a scoprire queste nuove modalità di socializzazione si sono aperte molte possibilità: come il fatto di riuscire ad essere in contatto con chi ci è lontano anche migliaia di chilometri oppure dare maggiori opportunità alle persone più timide ed introverse di approcciare agli altri.
Con il tempo però, come ogni cosa, si è perso il vero scopo per cui sono nate queste piattaforme e c’è stato un effetto completamente contrario a quello sperato. Così, invece di unirci ci hanno diviso ancora di più, invece di dare maggior coraggio a chi aveva paura di relazionarsi con il prossimo, hanno fatto sì che quest’ultimi si rifugiassero dietro di esse, facendoli chiudere ancora di più in se stessi.
Viviamo in un’epoca in cui si predilige la condivisione di link e non di abbracci, di mi piace e non di sorrisi e così via.
L’acronimo DSA si riferisce ai Disturbi Specifici dell’Apprendimento.
Sono disturbi evolutivi, presenti sin dalle prime fasi dello sviluppo.
Non possono essere considerati alla stregua di una malattia, ma una condizione di neurodiversità. Ci sono delle modalità di intervento che permettono di plasmare e modificare positivamente il naturale decorso delle difficoltà, e degli strumenti (compensativi e dispensativi) che consentono di agevolare la vita scolastica ed extrascolastica del bambino con DSA.
Sono molte le ricerche che hanno messo in evidenza come la competenza emotiva intesa come la capacità di autocontrollo, di gestire la propria collera e l’empatia, possa avere un'influenza rilevante sui processi di apprendimento.
Abbiamo parlato di competenza emotiva e apprendimento, due concetti tra loro strettamente interconnessi, perché entrambi considerati processi della mente che si influenzano in modo bidirezionale. Il nostro intento è avvalorare appunto questa teoria: la fondamentale influenza delle emozioni nei processi cognitivi e di apprendimento. Cosa sono le emozioni?
In tutte le culture, in quella del nostro Paese in modo particolare, il cibo non è solo apporto calorico necessario alla sopravvivenza ma è anche il risultato di molteplici fattori
affettivi, relazionali e sociali.
Il modo in cui i genitori si rapportano ai loro figli nel momento dei pasti ci dà molte informazioni sulla qualità della loro relazione. Di conoscenze relative alle modalità in cui questo momento
andrebbe affrontato ce ne sono tante ma non è così facile metterle in pratica. Bisogna nutrirli al meglio, abituarli ai sapori, renderli autonomi, fare in modo che il momento della tavola sia una
pausa piacevole, trasmettere loro il nostro amore.
Capita facilmente che l'ansia del genitore la faccia da padrone. Questo momento diventa spesso intriso di preoccupazioni per lo più inutili, finendo di mescolare al cibo emozioni dai sapori
ambigui, spesso mal gestite.
Non esiste un profilo della donna-tipo che subisce violenza. La violenza maschile sulle donne assume molteplici forme e modalità. La violenza fisica è quella più facile da riconoscere. Ma di forme ce ne sono diverse e l’obiettivo è sempre lo stesso: sottomettere l’altra e ribadire il proprio controllo.
La violenza sulle donne racchiude ogni forma di abuso che lede l’identità della donna.
Comprende l’imposizione di pratiche sessuali indesiderate o di rapporti che facciano male fisicamente e che siano lesivi della dignità, ottenute con
minacce di varia natura. Impedire l’indipendenza economica della donna è una di queste forme che agisce più sotto traccia. Spesso quest’ultima è accompagnata da una relazione distruttiva di maltrattamento. Lo stalking è un’altra faccia della stessa medaglia. È fondamentale lavorare sulle cause culturali di questa spirale di violenza che sono radicate in una visione tradizionalista dei ruoli di genere, che potranno essere sovvertiti cominciando da un’adeguata educazione. Un'educazione che punti ad un'idea paritaria e rispettosa del prossimo e non improntata su aspettative stereotipate. Questo potrebbe essere un buon punto di partenza.
La famiglia è il primo mondo che i bambini conoscono e quindi il modo in cui i genitori gestiscono la loro relazione e la famiglia stessa sono un modello che difficilmente verrà dimenticato.
“«Volare mi fa paura» stridette Fortunata alzandosi. «Quando succederà, io sarò accanto a te» miagolò Zorba leccandole la testa.”
(Dal libro “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare di Luis Sepúlveda, 1996)